Ricordando Terracini

A 120 anni dalla nascita il Comune di Cartosio e l’A.N.P.I di Acqui Terme ricordano Umberto Terracini , Presidente della Assemblea Costituente, domenica 6 dicembre 2015 alle ore 10,30 presso il Municipio di Cartosio.
La vita di Umberto Terracini si identifica con la storia del Pci, dalle origini dell’ «Ordine Nuovo» torinese, con Gramsci e Togliatti, fino al triste epilogo degli anni ’80 del secolo che è alle nostre spalle.
Ripensare alla vicenda di un uomo, di un militante, di un grande intellettuale come Terracini, nella fase storica in cui noi comunisti ci troviamo, non è un puro esercizio di memoria, né può ridursi a un semplice, se pur doveroso, atto di omaggio verso una figura così luminosa come la sua. Se si vuole iniziare – e la storia ci richiama con urgenza a questo compito – un’opera di ricostruzione dell’edificio comunista, così malamente fatto decadere, non si può non tornare con mente feconda ai momenti più alti del nostro passato. E la vita, il pensiero e l’opera di uomini come Terracini rappresentano certamente i vertici di un’esperienza storica che non può essere messa tra parentesi se si vuole rinascere.
Terracini fu tra quelli che vollero con più determinazione la nascita e la sopravvivenza come soggetto politico autonomo del Partito comunista, anche quando l’Internazionale comunista e Lenin avrebbero voluto la riunificazione con l’ala maggioritaria non riformista del Psi. E l’esistenza del Pci come forza rivoluzionaria conseguente e come baluardo contro il fascismo fu certo provvidenziale per la storia ulteriore del movimento operaio e della stessa democrazia in Italia.
Terracini subì la condanna più pesante da parte del Tribunale speciale (ventidue anni e oltre) e diede prova di coraggio e dignità nel corso del processo inscenato dal regime fascista contro i dirigenti comunisti. Scontò anni e anni di galera in condizioni più dure – se tali si possono definire – anche rispetto agli altri condannati (fu nel carcere di Civitavecchia). Durante gli anni bui del fascismo e del nazismo – e anche nella fase del loro declino – assunse posizioni in controtendenza rispetto alla maggioranza degli altri dirigenti comunisti. Si vedano: a) il suo giudizio negativo della cosiddetta “svolta”, con la quale il centro del Pci decise il ritorno in Italia di molti dirigenti per ritessere le fila della lotta al fascismo, il che comportò gravi sacrifici e un’ondata di arresti, ma preparò il terreno per la futura riscossa; b) la sua indignazione nei confronti del patto di non aggressione tra l’Urss e la Germania nazista, certo difficile da digerire, ma anch’esso fecondo di risultati futuri, in quanto consentì la preparazione di quel poderoso apparato bellico grazie al quale poté essere respinta l’invasione tedesca dell’Urss e poté essere sconfitto definitivamente Hitler.
In questi e altri simili atteggiamenti di Terracini prevalse la fortissima istanza etica che fu sempre presente in lui e che fu ricchezza sua e di tutto il partito anche quando le esigenze contingenti della politica spingevano a decisioni che apparivano inaccettabili sul piano morale. Ma il genio politico di Togliatti seppe trovare il punto di sintesi tra istanze e sensibilità diverse, facendo del Pci quel grande partito che fu nei suoi tempi migliori, esempio di fermezza e di umanità insieme, di forza rivoluzionaria e di temperanza democratica. Fu quello il partito come novello Principe, quale Gramsci l’aveva prefigurato, partendo dall’interpretazione originale di Machiavelli.
Anche il Terracini del dopo liberazione diede un inestimabile contributo al Partito comunista e all’Italia democratica. Fu Terracini, nella sua qualità di Presidente dell’Assemblea Costituente, ad apporre la sua firma, che era la firma della classe operaia italiana, alla Costituzione repubblicana. Operò nel Parlamento per lunghi anni come grande ed indefesso tessitore dell’opposizione comunista. Fu presente nelle piazze d’Italia, nei congressi, nelle manifestazioni di lotta, quando necessario anche nelle aule giudiziarie, portando ovunque la sua parola, nella quale si univano passione e razionalità, argomentazione concreta e andamento classico dello stile oratorio. Seppe affascinare e indurre al personale senso critico e alla crescita civile, spirituale e intellettuale le masse sterminate e attente che accorrevano ai suoi comizi. Fu certamente uno dei più grandi oratori della storia d’Italia, che può essere accostato ai grandi dell’antichità come Socrate e Demostene. Riviveva grazie a lui, pure severo custode delle istituzioni, quella democrazia dell’agorà che fu prerogativa degli antichi greci, con la differenza che di questa nuova democrazia erano parte costitutiva essenziale le grandi masse popolari, che invece la democrazia antica escludeva dalla cittadinanza e dai diritti più elementari di libertà.