Guido Ivaldi “Viganò”

 

 

EUGENIO GUIDO IVALDI ”VIGANÒ”

Eugenio Guido Ivaldi, nato ad Acqui Terme il 21 aprile 1900 da Giacinto e Cristina Salvo. Partigiano, dopo aver conseguito il diploma di geometra, si trasferisce per lavoro a Vigevano presso il noto e prestigioso studio di architettura dell’ingegner Giovanni Rota, antifascista.

Attivista comunista, viene arrestato per la prima volta il 3 settembre 1943, sulla base di una delazione, insieme a due ufficiali e cinque soldati con l’accusa di “presunta organizzazione a carattere sovversivo”.

Più tardi gli arrestati saranno liberati e Ivaldi potrà proseguire la sua attività antifascista facendo parte del C.L.N. locale.

Ritornato ad Acqui Terme per sfuggire alle ricerche dei fascisti, fu uno dei primi protagonisti e promotori dell’organizzazione del movimento partigiano subito dopo l’8 settembre 1943 assumendo il nome di battaglia “Viganò”.

Proveniente dalle file dell’organizzazione clandestina del PCI, già all’indomani dell’armistizio si adoperò per costituire in Acqui Terme il primo nucleo del Comitato di Liberazione Nazionale con Guido Garbarino, Pietro Minetti e Giovanni Pesce.

Salito sulle colline dell’acquese, attorno a Piancastagna, con Valter Fillak, Giacomo Buranello, Adriano Agostini “Ardesio,” Edmondo Tosi, e la protezione di Don Piero Boidi, contribuì alla organizzazione del primo raggruppamento che divenne poi la III Brigata Liguria.

Il 13 maggio 1944 viene però nuovamente arrestato, tradito da un compagno, alla periferia di Acqui e incarcerato a Cuneo. Verrà fucilato insieme a nove compagni nei pressi di Borgo San Dalmazzo il 6 luglio 1944 nell’eccidio della “Tramvia”.

 

L’episodio è cosi descritto da Giovanni Forneris, bigliettaio presente sul tram:

A 500 metri dalla fermata di Tetto Gallotto, la tramvia si è fermata di colpo. Siamo scesi, ho contato dieci cadaveri. Li abbiamo spostati sul bordo della strada, altrimenti si doveva passarci sopra. Ho guardato in faccia tutti questi ragazzi, per vedere se ne riconoscevo qualcuno. Erano gialli come un limone, legati che non si vedeva neanche più la cordicella nelle braccia. Poi siamo ripartiti, ma poco più avanti siamo stati fermati da quattro tedeschi con i fucili spianati. Ad un tratto abbiamo sentito un colpo forte: il macchinista è ripartito a tutta velocità, ed ho capito che era scoppiata una bomba a mano, un ragazzino di 5-6 anni era stato ferito alle gambe, così come i suoi genitori”.

 

 


La Città di Vigevano gli ha intitolato una via e il suo nome è iscritto sulla lapide che ricorda i Caduti per la Libertà.

Guido Ivaldi è sepolto nel cimitero comunale di Acqui Terme.

Cippo Borgo S.Dalmazzo

 

 

La Divisione Garibaldi Viganò

Il primo nucleo di ciò che sarà la Divisione Garibaldi Viganò nacque come 79^ brigata tra il maggio e il settembre 1944 anche ad opera di Guido Ivaldi. In sua memoria, la Divisione ne prenderà il nome.

Il comando della 79^ brigata fu affidato a Pietro Minetti, nome di battaglia “Mancini”.

Nel giugno del 1944 aveva la seguente formazione:

1° distaccamento (Zona Ponti): Comandante “Giannini”, Commissario “Carena”

1° Gruppo S.A.P. (Zona Rivalta Bormida: Comandante “Monti”, Comm. “Marius”

2° Gruppo S.A.P. (Zona Cassine): Comandante “Testaferri”, Commissario “Milani”

Gruppo S.A.P. (Valle Erro): Comandante “Jack”, Commissario “Moro”

Successivamente trasformata in 16° Divisione Garibaldi, nell’aprile del 1945 liberò la città di Acqui Terme.

Con la formazione della Settima Zona Operativa Piemontese, la cui direzione fu affidata a Pietro Minetti “Mancini”, il comando della Divisione fu assegnato ad Aldo De Carlini “Piero” ed Emilio Diana Crispi “Gino” ne divenne commissario politico.

Dalla nuova “Viganò” dipendevano le brigate Carlino, Gollo e Candida. 

Il comando della Carlino fu affidato a Enzo Mazza “Ciccio”; la Gollo a Ormisda Filippini “Filippo”; la Candida a Aldo Zoccola “Aldo”.

 

DAL “DIARIO” DI PIETRO MINETTI “MANCINI”:

Non è una storiella. È l’autentico, originale, atto di nascita di quella che sarà la “Viganò”.

Credete che sia stata una cosa facile convincere che quella era la strada giusta? Più di uno ebbe a dire che ero un fesso o qualcosa di simile. Però la pratica insegnò, e i fatti, si imposero, come era naturale. Il “Triangolo Militare” un bel giorno si fece vivo.

Uno di quelli con i quali ero in contatto e che collaborava a quei primi tentativi, uno dei primi uomini con i quali iniziammo la “giostra”, conosceva un certo Garbarino di Acqui. Era in confidenza con questo uomo e questo era in confidenza con il giovanotto.

I rapporti erano nati nel garage che uno gestiva e nel quale l’altro andava a noleggiare la macchina, quando ne aveva bisogno. Il Garbarino sapeva che Natalino era un bravo ragazzo e un ragazzo che sapeva il fatto suo. Gli confidò che era incaricato dell’organizzazione della lotta clandestina contro i fascisti e i tedeschi. – Testa – gli disse Garbarino, – tu sei un ragazzo che sapresti fare cose discrete contro i tedeschi e i fascisti. Sai… i camion, tu lo sai… basta un po’ di sabbia nel buco della candela; oppure un po’ di zucchero nella benzina, insomma, tu sei l’uomo che fa per il “Triangolo Militare”. Natalino capì di cosa si trattava e ascoltò con tanto di orecchi. Ma la faccenda del “Triangolo Militare” lo metteva in imbarazzo. “Triangolo Militare”. Francamente lui di triangoli conosceva solo quelli della geometria o al massimo quello che adoperano i meccanici e gli aggiustatori. Però la formula gli piaceva.

Sapeva di avventura, di clandestinità, di mistero, di comitati segreti. Era evidente che si doveva trattare di una cosa seria. – Eh! Cosa dovrei fare con questo triangolo militare? – Semplicissimo – rispose Garbarino – cercati alcuni amici che si intendano un po’ di questioni militari e poi vediamo. Qualcuno ci dev’essere già in giro, che fa qualcosa… Natalino non rispose subito. Gli venne in mente un suo cugino di Bistagno, qualche altro ed io. Rimase un po’ a pensare. Non sapeva se dire al Garbarino quel poco che sapeva. Garbarino era stato sempre una sua conoscenza, però come antifascista gli era ignoto. Ed era più che giustificato.

Testa era un giovanotto, bravo, laborioso, leale, pieno di vita e di iniziativa sul lavoro, in casa, con gli amici, ma nella lotta clandestina era ai primi passi e se ne sentivano tante in quei giorni. Amici intimi, che si erano venuti a trovare in campi opposti.

Persone, che fino a ieri erano state considerate degne della massima stima e fiducia, e poi in quei frangenti avevano rivelato la loro natura ambigua, paurosa e vile fino al servilismo con lo straniero. Gente, che sembrava si dedicasse soltanto al proprio tranquillo lavoro, ed invece era informatore del nemico. Natalino rimase a lungo pensieroso. E poi si decise. Si decise di dare una risposta, dopo avere prima parlato con me. Al Garbarino, subito, trovò la scusa che desiderava pensarci fino al giorno dopo data l’importanza della cosa. Gli disse pure che in linea di massima era d’accordo, che la lotta contro i tedeschi gli pareva una cosa giusta e che non avrebbe esitato a prendere posizione nello schieramento. E così me lo vidi capitare tutto ansimante, appena poche ore dopo il colloquio. – Cosa succede – gli dissi – sei nei guai? – No, no – rispose – ho delle buone nuove. Un tale mi ha detto se voglio lavorare per il “Triangolo Militare”. Io ero già lì, lì per dire di sì, e per dirgli che avevamo già qualcosa di avviato, ma, poi, ho pensato al tuo…. “occhio alla penna” e sono venuto a parlartene. – Hai fatto benone – dissi. – Dimmi allora un po’ chi è questa persona. È uno che conosco? – Sì, lo conosci senza meno – mi disse Natalino. Tu hai lavorato dal “Pascià” al garage “Centrale” e quindi ti ricorderai di un certo Garbarino, che aveva, alcuni anni or sono il garage “Terme”. – Ma no! – esclamai. – Proprio lui, in carne ed ossa; non solo – ribadì Testa – ma è niente di meno che il rappresentante del partito comunista.

Capisci! Del partito Comunista! E non posso pensare che sia un informatore – proseguii – perché non credo sia uomo capace di fare quel mestiere. Certo è che in questa faccenda devi vedertela tu – proseguì – io, come sempre, sarò al tuo fianco e quello che c’è da fare lo faremo, come quel che abbiamo fatto fino ad ora. Conoscevo il Garbarino come gestore di quel garage e nulla più. Però anch’io per quel poco che mi potevo ricordare di lui, non credevo potesse essere capace di tradire, di tendere una trappola di questo tipo… È vero che in quel momento avevamo in pieno svolgimento la manovra “Davide”, e niente poteva essere più semplice del tentativo di mettere assieme anche ad Acqui una trappola come quella di Canelli.

Natalino era un ragazzo d’oro, e, come se avesse intuito i miei pensieri, interruppe il silenzio che era seguito alle nostre prime parole e disse: – Pensi a Canelli? -Sì – risposi – penso a Canelli. Non posso dire ancora nulla di preciso su quella faccenda, però sono convinto che più di un giovane vi lascerà le unghie. E capisci – proseguii dopo tanto sospirare, – fare e disfare non vorrei mandare a monte ogni cosa, e magari in malo modo. Comunque facciamo così: tu vai dal Garbarino e gli dici che conosci uno che è già stato nella faccenda e che, a tuo avviso, potrebbe essere capace di organizzare qualcosa, per il movimento. E poi si vedrà.

In fondo di questa lotta bisogna pur rischiare. Non si può fare tutto da soli. È indispensabile avere contatti e averli al più presto. In questi ultimi tempi sono cadute sotto il fuoco dei plotoni di esecuzione molte persone della massima importanza per il movimento di liberazione; se dobbiamo essere della partita sia. – Conclusi. Testa partì. E dopo alcuni giorni da secondo capo cannoniere ordinario ero diventato “Tenente di Vascello”. Sì, “Tenente di Vascello” appiedato. Mi aveva promosso Natalino. Aveva fatto questo ragionamento, mentre stava andando alla ricerca del Garbarino: – Se dico che è un sergente sono capaci di dire che occorrono degli ufficiali, degli uomini capaci. Piero non è ufficiale, però sa fare il clandestino, e bene. Qui bisogna che racconti una balla. Intanto chi va a vedere com’è la cosa? Se dico che Piero è ufficiale, quelli si leccano anche le dita. Un ufficiale di marina! Mi pare già di sentire il Garbarino. Ufficiale di marina! Bene, Testa, sei un cannone. Ma! In confidenza, dove l’hai pescato? – E così il bravo Testa, cammin facendo, studiava come valorizzare il più possibile la sua “merce”.

Non trovò subito il Garbarino. A quei tempi, per dire due parole con una persona, bisognava, magari per giorni, cercarlo e rischiare di finire malamente. Quando lo rintracciò Garbarino era in compagnia di una seconda persona. Testa fece, naturalmente, finta di dover trattare con il Garbarino una questione di auto; tanto per sondare. Il Garbarino lo presentò. Viganò – disse rivolto all’uomo che aveva assieme – questo è quel ragazzo, di cui abbiamo parlato. Il nuovo “attore” porse la mano a Testa. – “Carlino”, piacere… Viganò, fortunato.

E allora – iniziò Garbarino – cosa hai deciso? Beh… – balbettò Testa… la presenza del “nuovo” di cui non conosceva nè origini, nè idee lo aveva messo in imbarazzo. Garbarino capì. Ah! Già – disse – vi siete presentati ma non ti ho detto che il compagno Viganò è l’incaricato del lavoro militare. Testa si sentì subito a suo agio. La fiducia che il Garbarino gli aveva manifestato, introducendolo nei segreti della lotta clandestina, gli aveva dato animo. Sì – rispose – non solo deciso, ma vi devo confidare che stavamo già facendo qualcosa in quel senso, io e alcuni conoscenti. Anzi abbiamo come nostro capo un tenente di vascello. – Che!… un tenente di vascello!… e avete già un gruppetto? – esclamò Garbarino -. E chi è questo ufficiale di marina? Lo conosco? – proseguì Garbarino. No! non potete conoscerlo. È sfollato da Genova in questi dintorni. Se credete, posso fissarvi un appuntamento. – Disse Natalino. È un uomo che ci sa fare. Con un fucile da caccia ha già procurato qualcosa. Insomma, se credete…- E così, fra una balla e l’altra, io divenni tenente di vascello, la trovata non poteva essere migliore. Infatti, ero di marina e quindi, quando dovevo parlare con qualcuno non mi era difficile parlare di cose di mare, ero scusato se, dal punto di vista del fante, facevo qualche errore in quanto essendo “ufficiale” di marina mi era concesso un po’ di ignoranza nelle cose della fanteria tutti si sentivano onorati di poter aderire alle formazioni da me guidate, perché ero “ufficiale di marina”, il nemico era più preoccupato, perché aveva davanti a sè un “ufficiale di marina”; molti ufficiali della zona sbandati vennero a dare la loro collaborazione, perché sapevano che si sottomettevano alla guida di un “ufficiale di marina”. Fissarono l’appuntamento. Non lontano da dove ero rifugiato. Nella Fasciana. Altro che sfollato da Genova! Ero nato fra le vigne di quella valle. Conoscevo tutti gli angoli più remoti di quella terra. Ogni cespuglio, ogni ruscello, rivoletto, ogni torrente o torrentello. Quelle valli erano state l’ambiente delle mie “esplorazioni” degli anni dei sogni. Così un bel giorno all’inizio di primavera del 1944 incontrai Viganò. – Geometra Viganò. – Tenente di vascello M… – ah, già, – intervenne Viganò – non mi dica il suo nome. Si prenda un nome di battaglia facciamo…Mancini! Le và – Come crede, se la cosa le pare buona, – risposi. – Tenente di vascello Mancini -proseguì Viganò – le presento il suo collaboratore, che sarà il commissario politico. Non se ne avrà a male, spero, se le diamo un collaboratore. Molti ufficiali, quando sentono parlare di commissario, pensano subito che questi sia un agente segreto, messo al suo fianco con il compito di controllare le mosse del comandante. – Premetto – risposi – che sono stato sempre a contatto e ho collaborato sempre con i comunisti, almeno da un po’ di tempo, e quindi non solo so che cosa sono i commissari, ma ne sono propugnatore e caldo sostenitore. Senza commissario questi giovani rischierebbero di essere facili vittime di gravi errori, la nostra lotta è molto dura è quindi e indispensabile che vi sia, sempre, vicino al combattente, chi è in grado di chiarire le ragioni della nostra lotta. – Se non ha nulla in contrario, allo scopo di penetrare più intimamente nei nostri rapporti e visto che lei è, praticamente, comunista possiamo darci del tu. – Mi disse Viganò. – Perfettamente – risposi – mi sarebbe dispiaciuto, si fosse mantenuto la distanza del “lei”…

 

Guido Garbarino divenne membro del Comitato di Liberazione Nazionale di Acqui Terme.

Natalino Testa “Carlino” fu fucilato dai fascisti nel cortile del Politeama Teatro Garibaldi il 3 agosto del 1944. Gli fu intitolata una brigata della Divisione Viganò.

Pietro Minetti “Mancini” divenne primo comandante della 78° Brigata Garibaldi Viganò e poi comandante della 16° Divisione Garibaldi Viganò, successivamente comandante della Settima Zona Operativa Piemontese.

la XVI divisione Viganò sfila in Acqui Terme il giorno della liberazione